Requiem per il disco rigido, grazie di tutto ma è ora dell’SSD

Sai qual è stato il primo disco rigido introdotto sul mercato? Era il 13 settembre 1956 e IBM inserì tra le componenti del suo IBM 305 RAMAC il disco fisso a testina magnetica. Il calcolatore, uno degli ultimi a valvole costruiti da IBM, pesava una tonnellata e conteneva fino a 350 dischi fissi di tipo 350 Disk Storage Unit, ognuno dei quali era formato da cinquanta dischi da 24 pollici.

Il prezzo? 3.200 dollari di allora, equivalenti a circa 30mila dollari di oggi, al mese. E la capacità di ogni unità era, udite udite, ben 5 megabyte.

Sono passati 62 anni ed è ora di pensionare il caro vecchio disco fisso, ovvero la tecnologia a testina magnetica, basilare in ogni dispositivo elettronico, grande o piccolo che sia, in cui era necessario memorizzare qualcosa.

In tempi “non sospetti” IBM vendette la divisione storage a Hitachi Data System nel 2003 ma non abbandonò il mercato della memorizzazione di massa. Anzi, guardò avanti alle memorie allo stato solido, le SSD, diventando uno dei leader di mercato. L’anno scorso è stato l’anno del sorpasso in ambito consumer, ovvero i computer portatili con la memoria di tipo SSD hanno superato quelli con il disco fisso.

Il sorpasso di SSD su HD arriverà anche nei data center?

Ok, il sorpasso è avvenuto nei Personal Computer mentre gli HD continuano a dominare nei server e nelle appliance di storage presenti nei data center, o no?

In verità, Gartner predice che entro il 2021 il 50% dei data center useranno memorie compatibili con la tecnologia SSA (Solid State Array), rispetto al 10% attuale. Insomma, la transizione verso i dischi a stato solido è iniziata, anche nei data center.

Entro il 2021 la metà dei data center nel mondo userà memorie allo stato solido.

Ci sono diversi motivi per cui sarebbe il caso di pensionare i vecchi dischi magnetici.

L’affidabilità, i tempi di accesso ai dischi e lo spazio ridotto sono i primi tre e ora anche il costo non è più una discriminante. Infine, lo sostiene un report di Forrester, gli SSD fanno risparmiare soldi. Lo studio ha dimostrato un risparmio di decine di migliaia di dollari all’anno in costi di energia.

Sì, ma a noi che ci importa?

Tu, azienda cliente, che memorizzi i tuoi dati in un cloud, di che ti preoccupi? L’importante è che i tuoi dati siano al sicuro, poi se sono archiviati su un disco fisso tradizionale o un SSD, che importa?

Beh, un pochino ti dovrebbe importare. Intanto, se hai scelto di passare a un cloud ibrido, sarebbe importante che il fornitore dei servizi IaaS ti garantisse un accesso ai dati veloce e sicuro, dunque accertati, attraverso il tuo partner, delle velocità di accesso ai dati. E, se una parte dei tuoi archivi risiede in un cloud privato, o addirittura on premise, ovvero nei server di tua proprietà, dovresti farti due domande.

Che tecnologia di storage usano i tuoi server? Quanto sono datati? E qui entra il gioco il valore consulenziale di un Business Partner IBM che, attraverso un assessment, verifica lo stato dell’arte della tua infrastruttura e ti consiglia quali modifiche strutturali sono più opportune per la tua attività.

Il legislatore si aspetta che anche i dati archiviati siano accessibili velocemente.

Generalmente, nel cloud privato sono archiviati dati che non devono essere richiamati velocemente ma, a causa della normativa, devi essere in grado di recuperare facilmente e in tempi rapidi rispetto alle richieste del legislatore.

È dunque fondamentale fermarsi un secondo e ragionare sull’anzianità e le performance di quella componente di cloud ibrido, ed è meglio farlo con il supporto di un partner competente.

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